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La Sicilia in 4 citazioni




Se Goethe scrisse che " l'italia senza la sicilia non lascia immaginare lo spirito"
 ancor più calzante è la descrizione di Guy de Moupassant:
 "La Sicilia è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria, in primavera, è tutto un profumo… Ma quel che ne fa una terra necessaria a vedersi e unica al mondo, è il fatto che da un'estremità all'altra, essa si può definire uno strano e divino museo di architettura"

Impossibile, infatti, visitare l'isola senza imbattersi nell'inconfondibile odore dei suoi agrumeti, talvolta tanto forte da importi una sosta e annusarti intorno, come a cercare un profumo, un arbre magique appeso ad una rete. Quando invece l'unico aroma proviene dalla terra e dai suoi frutti, lasciandoti stupito. Oppure l'immenso patrimonio barocco che lascia impressa un'immagine unica dell'isola, difficile a scordarsi sia per i colori che le forme.

E' bizzarro che venga naturale, in questa regione stupenda, riucordare spontaneamente le parole di Giovanni Falcone: "In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello stato che lo stato non è riuscito a proteggere". Poiché anche questa Sicilia è vera, reale, e si sente. Ma non come la si potrebbe immaginare, tramite ometti rugosi color rame che vanno in giro con la coppola in testa e la lupara in una mano. Mangiando melanzane, peperoni arrustutu e carne di cavaddu. 

Ma come nelle parole di Gesualdo Bufalino, che da ciò che descrive rimanda immediatamente all'immagine emotiva che si costruisce il turista:

Vi è una Sicilia "babba", cioè mite, fino a sembrare stupida; una Sicilia "sperta", cioè furba, dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode. Vi è una Sicilia pigra, una frenetica; una che si estenua nell'angoscia della roba, una che recita la vita come un copione di carnevale; una, infine, che si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio…
Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte ritrovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un bene o sia un male.

Queste contrapposizioni, questi paradossi, si sentono fin dentro le ossa. Conoscendo persone meravigliose, di un'ospitalità rara e dalla coscienza civica e sociale invidiabile, conviventi di un'altro tipo di siciliano, la cui mentalità non lascia difficile immaginare come estrema conseguenza l'onda dilagante della Mafia. 

Un eccesso di identità, scrive Bufalino, in cui l'unica realmente assente è quella dello stato italiano, eccessivamente dedito a compromessi morali e contiguità in quest'isola che seppur colma di brava gente e meravigliosa non può cambiare tutto da sola.

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